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Riflessioni pedagogiche: “Il problema dei termini -mamma- e -papà- è più un problema dei grandi che dei bambini!”

di

Nancy Nitti

 

plantula-della-tenuta-del-bambino-e-dell-adulto-mani-56857628 Da quando esistono le coppie omosessuali con figli, non faccio altro che leggere post di -sensibilizzazione-, riguardanti certe ricorrenze.
Leggo addirittura articoli di “esperti” ed insegnanti che danno consigli in merito o che chiedono consigli. Il problema che emerge negli adulti è: abolire la festa della mamma o del papà.
I bambini non sono stupidi, sono attenti osservatori, guardano con attenzione i cartoni animati dove ci sono cuccioli che vivono senza un genitore… Il mondo dei cartoni è ricco di stimoli su cui riflettere e far riflettere i bambini. C’è bisogno di fare tutta questa polemica e sollevare polveroni sull’abolizione di certe feste, sull’ omissione di certi vocaboli quali mamma e papà?
Ognuno di noi fin da piccolo deve necessariamente attraversare delle situazioni traumatiche. Non dobbiamo censurare i vocaboli solo perché ci sono dei casi diversi.
Questo -non voler discriminare- alla fine è un -discriminare comunque-.
Non dobbiamo spianare il terreno, censurando affinché i nostri figli vivano nella bambagia di una -storia senza ostacoli-. Se si tolgono certi termini, opportunità per chiedere, domandarsi e confrontarsi, i bambini non capiranno mai il senso della conquista di qualcosa, non capiranno mai cos’è il dolore e come affrontarlo.

Non avranno mai capacità di problem solving se non gli diamo la possibilità di ragionare sui problemi che incontrano.
Finiamola una buona volta di considerare i bambini incapaci di comprendere e non rendiamoli stupidi solo perché vogliamo tutelare la loro psiche.

 

di

Nancy Nitti

 

Il giorno sabato 8 Ottobre 2016 sono andata con l’amica Grazia a vedere uno spettacolo veramente particolare: Cenerentola, opera in 1 atto, in versione lirica, rivista da musicisti professionisti, presso il Teatro Petruzzelli di Bari.
La regia di Maria Grazia Pani, la musica di Cristian Carrara, la direzione d’orchestra Giuseppe La Malfa.

Ecco qui degli assaggi:
https://www.youtube.com/watch?v=JJRM9C5mzmU
https://www.youtube.com/watch?v=97zkXbymU7Q
https://www.youtube.com/watch?v=jjBiSZj-6nw
https://www.youtube.com/watch?v=UaoUr65RQ5Y
https://www.youtube.com/watch?v=LSW3ypZn144
https://www.youtube.com/watch?v=zuC_RgA-xMk
https://www.youtube.com/watch?v=voNlXtIWjKQ
https://www.youtube.com/watch?v=zZf0cUhtySw
https://www.youtube.com/watch?v=OVfva5Mudf0
https://www.youtube.com/watch?v=UX4wHAs0QMQ
https://www.youtube.com/watch?v=jkc6ghKPkN4

Non vi parlo dei segreti scenici, della bravura degli artisti, della capacità della protagonista, Claudia Urru, nell’esprimersi vocalmente in una dizione comprensibile ai bambini.
Vi parlo invece dell’effetto che questo spettacolo ha suscitato nei bambini, attenti e partecipi in tutto e per tutto alle varie scene.
Uno spettacolo -interattivo-, se così vogliamo definirlo nei tempi dei social network. Tutto fruibilissimo nella massima semplicità.
Per coinvolgere i bambini in un’opera lirica è importate che vi siano colpi di scena con interventi fuori dal palco. Rendere protagonisti gli stessi bambini che si sentono parte della scena è fondamentale perché, come nella lettura prima di addormentarsi, i bambini si sentono coinvolti emotivamente.
Le emozioni che si manifestano attraverso l’opera teatrale, diventano così reali, i bambini possono finalmente toccare con mano la favola, entrarci.

Dal punto di vista pedagogico non posso far altro che condividere questo nuovo accesso all’arte. Far partecipare fin da piccoli i bambini alle grandi opere rivisitate, aprirebbe un nuovo capitolo nel mondo dell’educazione: imparare a vivere le emozioni non solo attraverso la lettura ma attraverso l’opera.

L’arte permette di aprire canali che facilitano l’accesso alle nostre emozioni, sta a noi imparare ad entrarci, a capire cosa c’è di nuovo: arrivare ad emozionarci in maniera differente e allo stesso tempo cogliere la morale e il significato di quello che stiamo vivendo e facendo.
Questo è ciò che potrebbe avvenire se solo la pedagogia e l’educazione non puntassero solo al recupero scolastico, ma si orientassero verso una collaborazione con gli artisti, per cogliere il senso della loro arte, diffondendola con percorsi dedicati.

Parliamo del gioco

di

Nancy Nitti

Il gioco

Il gioco molto spesso è sottovalutato eppure ha un grande valore formativo nella persona sia piccola che adulta.

Il gioco è tra le attività fisiche e mentali dell’ uomo ed è universale nel tempo e nello spazio.

E’ presente nei vari stadi della vita individuale, nelle diverse fasi del corso della storia delle varie civiltà che precedettero la nostra comprese quelle dei diversi continenti.

La differenza di gioco sta nel modo di attuarlo e nei tentativi di coglierne significato e valore.

Distinguiamo i giochi dei fanciulli da quelli degli adulti anche se attualmente, con le nuove tecnologie e non solo questa diversità è molto diminuita, ance perché il gioco è sempre presente in tutte le fasce d’età.

Ci sono giochi che possono essere riadattati con vari gradi di difficoltà ed impegno in base all’età a cui vengono attribuiti.

Voi cosa imparate quando giocate?

I GIOCHI DEI FANCIULLI

Non si può dire che il ragazzo gioca perché è giovane ma che è giovane perché ha bisogno di giocare e preparare con il gioco il suo sviluppo futuro. Per secoli e tutt’oggi il gioco viene considerato dal volgo come un pasatempo, un sollievo che ricrea l’ organismo e lo spirito affaticati: teoria che non regge in quanto l’affaticamento inviterebbe al riposo. I fanciulli e i grandi giocano ed hanno motivi ludici anche appena alzati quando sono tutt’altro che stanchi.

La teoria proposta da Schiller e difesa da H. Spencer ci dice che il gioco è una scarica attraverso canali già scavati dall’abitudine, in seno ai centri nervosi, del superfluo di energia. Non è esatto dire che i ragazzi ripetano nei giochi atti abituali e poi non si spiega come mai i ragazzi giochino anche quando sono molto stanchi, quando sono convalescenti, quando sopportano delle malattie incurabili, quando non hanno ancora riacquistato forze per averne in eccesso. Non può considerarsi neanche istinto in quanto il gioco è la forma sotto cui si manifestano molteplici istinti.

Nel 1902 lo psicologo americano Stanley Hall propone la teoria dell’atavismo per cui i fanciulli sono residui di attività ancestrali, questa teoria confermerebbe la legge biogenetica di Haeckel dove l’ ontogenesi (evoluzione dell’ individuo) riprodurrebbe la filogenesi (evoluzione della specie).

Ma lo sviluppo dell’ individuo non è influenzato solo dalla sua eredità psico-fisica ma anche ed in vasta percentuale dall’ambiente circostante. Quindi non  vi è logica che conferma la legge biogenetica. Nonostante ciò Stanley Hall, Dewey, Ferrière hanno concepito un piano educativo che fosse per mezzo del gioco un’applicazione delle principali caratteristiche dell’evoluzione della specie.

Nel 1896 Karl Groos propose una teoria secondo cui, sotto una luce biologica, il gioco sarebbe un esercizio preparatorio. Egli afferma che negli animali superiori, in particolare nell’ uomo, le reazioni istintive, per quanto necessarie, appaiono insufficienti all’attuazione dei complessi compiti vitali, per soddisfare i quali gli organi di tali esseri devono adattarsi al funzionamento: occorre un periodo di adattamento degli organi al lavoro che sono destinati a compiere. L’ infanzia è dunque il periodo di questa preparazione degli organi e per l’ uomo questa preparazione è particolarmente lunga. Il gioco rappresenta lo sviluppo da parte dell’ individuo in crescita, dei suoi organi per proprio interiore impulso e senza alcuno scopo estrinseco,  ha un profondo senso vitale in quanto esprime il primo grado dell’attività umana, lattività centrale dell’ infanzia. Conclusione pedagogica, pur non partendo da premesse biologiche, a cui era giunto nel 1826 Friedrich Frobel. Nel suo trattato Die Menschenerziehung il gioco è considerato il più alto grado dello sviluppo umano nello stadio infantile, in quanto esso è la spontanea e necessaria manifestazione del mondo interiore, che ha bisogno di estrinsecarsi

Ci sono varie tipologie di gioco.

Tutti i giochi esercitano funzioni psicologiche e fisiologiche.

Nella categoria dei giochi con funzioni psicologiche troviamo:

– giochi sensoriali: motori di immaginazione, intellettuali, affettivi, volitivi. Sono già presenti nel primo anno di vita e sono predominanti. Sono quelli che offrono al bambino il mezzo di esercitare i suoi sensi, di sperimentare, imparare e conoscere il mondo esteriore;

– giochi motori: sono quelli che favoriscono la coordinazione dei movimenti, lo sviluppo della forza muscolare, la rapidità, la sicurezza delle azioni e contribuiscono a migliorare la conoscenza dell’ambiente fisico;

– giochi di immaginazione: il cui periodo coincide con quello in cui si esercitano la maggior parte delle tendenze affettive, sono quelli per i quali il ragazzo si abbandona alla finzione e, costruendosi un mondo a parte, imita, crea, inventa, copia da quanto lo circonda, anima i suoi giocattoli.

– giochi intellettuali: quelli che provocano curiosità, la comparazione, il riconoscimento, l’associazione, il ragionamento, la riflessione, l’ invenzione, aiutano il ragazzo a inserirsi con la sua intelligenza nel mondo esteriore e ne preparano l’adattamento riflesso alle situazioni della realtà.

– giochi affettivi: sono quelli che eccitano piacere nel suscitare emozioni gradevoli e anche sgradevoli, dal sentimento estetico alla paura e al dolore accettato volontariamente

– giochi volitivi: sono o d’ inibizione o d’ imitazione deliberata. Quelli d’ inibizione consistono in un arresto volontario dei movimenti e degli impulsi, quelli di imitazione deliberata consistono nell’imitare di proposito i movimenti e gli atteggiamenti altrui i vista di uno scopo da raggiungere.

Nella categoria dei giochi con funzioni fisiologiche troviamo:

– giochi di lotta: comprendono lotte di corpo, lotte di spirito come nel match e nelle discussioni;

– giochi di caccia: sono giochi di inseguimento e del rimpiattino e poi quelli che richiamano la caccia propriamente detta come il gioco dello snidare, del correr dietroa mosche e farfalle, del coglier fiori e frutti, del collezionare;

– giochi sociali: appaiono nella fase infantile ma si svolgono definitivamente all’epoca della pubertà, preparano alla vita collettiva, inibizione dei riflessi, l’equilibrio tra le tendenze personali e le tendenze gregarie, in questi giochi rientrano cameratismo, le passeggiate in comune, la formazione di campi per gare, cricche, piccole società di ragazzi sul modello delle società di adulti e tutti gli sport collettivi;

– giochi familiari: quelli che riflettono l’ istinto materno o l’ istinto domestico, quello più diffuso è quello della bambola che mette in atto l’ istinto di maternità, del dominio, dell’autorità e dell’ imitazione.

Tutti questi giochi sono per l’educatore mezzi molto efficaci per comprendere il fanciullo, la sua individualità che si annuncia con tratti chiari. Attraverso questi giochi si scopre con facilità l’ indole e le inclinazioni di un ragazzo attraverso l’osservazione dei comportamenti sia svolti in totale libertà sia attraverso varie manifestazioni.

Il gioco come mezzo di comunicazione tra l’educando e l’educatore affinchè quest’ultimo possa esprimere con la parola i suoi consigli, i suoi comandi, le spiegazioni. E’ il modo più efficace per abbattere una barriera difficile. Attraverso il gioco gli ostacoli cadono e le menti comunicano senza fatica. Il compito dell’educatore è di fare da sollecitatore e non da costrittore.

Quali erano i vostri giochi preferiti da piccoli? quali sono i giochi che prediligono i vostri figli? avete mai analizzato i comportamenti dei vostri figli quando giocano?

I GIOCHI DEGLI ADULTI

I giochi degli adulti  sono esplicazioni di attività del corpo e dello spirito a scopo di esercizio e divertimento. Sono gare di forza, destrezza, ingegno, fortuna. I giochi per adulti si distinguono in privati e pubblici ed entrambi si suddividono in fisici, intellettuali e d’azzardo.

L’ attività ludica dell’aduilto tende a far distaccare l’ uomo dall’ambito lavorativo in quanto immette l’agire nella sfera della libertà, fa emergere la parte del nostro io schiacciata dalle necessità del lavoro. Il gioco sembra riassesti il nostro organismo esaurito.

Uno psicologo dell’età moderna Claparède afferma che nell’adulto le attività non sono tutte interamente sviluppate né definitivamente acquisite, e sono appunto queste attività imperfette i cui esercizio avviene sotto forma di gioco.

Altri psicologi ricorrono alla sopravvivenza  nell’età adulta dell’ impulso ludico dell’ infanzia, il bisogno di sprigionare l’esuberanza di forze fisiche, il senso innato dell’emulazionedel far bella mostra di sé e della propria abilità nell’ istinto sociale.

Vi è dunque una complessità di problemi insiti nel gioco dell’adulto suscettibili alla particolare struttura psichica degli individui stessi.

Ripercorrendo i giochi nel tempo e nella storia ricordiamo che Nell’antichità classica i giochi pubblici erano i giochi nazionali greci e ludi romani. Per quel che riguarda i giochi privati della stessa epoca ricordiamo gli spettacoli come quelli offerti da acrobati, giocolieri e danzatrici nei banchetti; altri erano gare di fortuna o d’ ingegno o di abilità a scopo di divertimento come il gioco con i dadi, della dama, della morra, degli scacchi, della pappa e del pallone. Nel Medioevo giochi di carattere spettacolare consistevano i esercizi militari e cavallereschi, cacce, corsa di cavalli, corsa al palio, corsa nei sacchi, le veglie, i festini, le danze, le musiche e i giochi di fortuna come quello dei dadi. Nell’età moderna vengono utilizzati molti giochi già precedentemente elencati oltre agli scacchi, tarocchi, disco, giostra; in più c’erano gli sports come il calcio, il tennis, l’atletica leggera, il cricket, il polo, lo sci, la pallacanestro ecc. tra i giochi di società troviamo i proverbi muti, le penitenze, i quadri viventi, il gioco del –passa l’ anello-, briscola, bridge, piattello, poker, tressette, sette e mezzo, scopa, scopone ecc.

Dal punto di vista sociologico troviamo giochi che si distinguono in individuali e collettivi. Questi ultimi costituiscono il fondamento associativo dei gruppi infantili e nascono di solito per imitazione del mondo dei grandi nei suoi diversi aspetti: ciclo dell’ uomo, ciclo dell’anno, vita familiare, guerra… Il mondo dei grandi si adatta a quello dei piccoli e diventa oggetto di gioco per quello stesso fenomeno per cui le canzoni epico-liriche e religiose, si ritrovano nei canti fanciulleschi. Usi, riti, credenze, canzoni, danze sono pressocchè scomparsi nella sfera degli adulti e sopravvivono soprattutto nei giochi e canti dei piccoli considerandosi così documenti etnografici di vita tradizionale. Il gioco e il canto infantile, come –o maria giulia-, che accompagna il gioco delle nostre bambine, discendono da antiche canzoni a ballo mimate dei secoli XIV e XV.

Dal punto di vista storico ed etnologico troviamo nei giochi e nei giocattoli importanti elementi cultuali che risalgono ad antichi riti totemici o iniziatici come la -mosca cieca- nelle forme in cui ci viene testimoniata nel Medioevo che apparteneva a riti carnevaleschi e dove l’ uomo bendato non sia la raffigurazione di un personaggio demoniaco. Non sempre è facile rilevare la fase cultuale dei giochi spesso ridotti a semplici forme ginniche, sceniche e coreografiche.

Antichissimi sono alcuni giocattoli come il DENTAROLO che si dà ai neonati. Già conosciuto nell’epoca greca e romana, in origine era  con i sonagli di cui è fornito che servivano a scacciare spiriti maligni. La trottola, ricordata da scrittori greci e latini, viene raccoandata da Catone come preferibile ai dadi. I giocatori di trottola sono raffigurati nelle pitture vascolari e trottole lignee sono state ritrovate negli scavi pompeiani. Troviamo testimonianze di trottole anche nella letteratura medioevale.

Attualmente i giochi più diffusi sono quelli su vari social attraverso mezzi di comunicazione come tablet, smartphone, computer e provocano danni a livello sociale ed individuale.

Sappiamo inoltre che a volte portano a delle dipendenze che diventano patologiche. In questo caso si deve intervenire nel momento in cui si comprende che questa è divenuta una dipendenza. La maggior parte delle volte è difficile riconoscere una dipendenza, riconoscerla come tale. È una dipendenza –innocua- se questa non porta a stravolgere la vita personale e familiare, diventa una vera patologia nel momento in cui c’è un attaccamento morboso a cui è difficile far fronte. In quei casi è necessario l’ intervento di uno specialista che guidi la persona verso la comprensione e soluzione nei confronti della stessa patologia.

Voi come lo passate il tempo libero? Che giochi preferite? Esistono ancora certi giochi?Avete delle dipendenze da gioco?